PANORAMICA TERAPIE

Stimolazione Midollare

La validità della neurostimolazione spinale nel trattamento del dolore neuropatico, dolore legato a un alterato funzionamento delle fibre nervose, è stata riconosciuta a livello internazionale e ha generato raccomandazioni nelle linee guida della Federazione Europea delle Società Neurologiche (EFNS) e della National Institute for Clinical Excellence (NICE )

La EFNS ha raccomandato l’utilizzo della neuro stimolazione spinale nel trattamento della sindromi dolorose dopo interventi alla colonna vertebrale (FBSS), nelle sindromi dolorose complesse post-traumatiche con o senza lesione nervosa, nel dolore neuropatico di rachide e arti da cause diverse anche metaboliche come il diabete, lesione del plesso brachiale, dolore da arto fantasma, nevralgia posterpetica e lesioni parziali del midollo spinale, dolore vascolare in arteriopatia o malattie reumatiche o collagenopatie, dolore anginoso, emicrania refrattaria ed altro.  Il NICE ha raccomandato l’impiego della neurostimolazione nei pazienti affetti da dolore cronico di origine neuropatica, in pratica tutti quelli descritti, che non hanno risposto a trattamento medico convenzionale.

La procedura consiste: un elettrodo, ovvero un  tubicino flessibile con delle placchette metalliche all’estremità, viene inserito nella colonna vertebrale fino a raggiungere lo spazio peridurale ed adagiarsi sul midollo, a vari livelli a seconda delle indicazioni, e collegato, se la terapia risulta efficace durante la fase di prova, a un generatore di corrente che viene posizionato sottocute.

L’intervento può essere eseguito in anestesia locale con leggera sedazione.

Come funziona:
Il generatore ovvero Pace Maker viene impostato secondo le esigenze del paziente dallo specialista.

Il paziente può accendere e spegnere, aumentare e diminuire la corrente quando lo ritiene necessario, per esempio quando cambia posizione attraverso un telecomando.

Meccanismo d’azione principali sono:

  • riduce la trasmissione del dolore lungo le vie midollari fino al cervello
  • modula l’attività dei nervi danneggiati
  • riduce la formazione di sostanze che facilitano il dolore

A cura della Dott.ssa Genni Duse

Pompe Intratecali

La terapia intratecale consiste nella somministrazione di farmaci nel liquido cerebrospinale, il liquido che circonda il cervello e il midollo spinale.

Per fare ciò si inserisce un sottile catetere nella colonna vertebrale, attraverso un ago introdotto in regione lombare. Il catetere è fatto passare sotto la pelle fino all’addome e collegato a un infusore, un contenitore metallico tondeggiante del diametro massimo di 12 cm e dello spessore di 2-3 cm. L’infusore contiene un serbatoio per il farmaco e una pompa per spingere il farmaco nel catetere e di qui nel liquido cerebrospinale.

Qui giunto il farmaco diffonde direttamente nel tessuto nervoso vicino, usualmente la porzione lombare e toracica del midollo spinale. Vi si concentra in dosi molto elevate poiché non deve superare le barriere che ne ostacolano la diffusione alle cellule nervose quando il farmaco è somministrato per via orale, intramuscolare o endovenosa. Non raggiunge il cervello, se non in minima quantità, né si disperde nel resto dell’organismo. Questo comporta due vantaggi importanti rispetto alle altre vie di somministrazione: l’efficacia del farmaco è notevolmente aumentata e gli effetti collaterali (vertigini, nausea, confusione, sonnolenza, etc.) sono notevolmente diminuiti.

L’intervento chirurgico si può eseguire in anestesia locale associata a lieve sedazione e dura circa 45 minuti. Tutto il sistema è all’interno del corpo, subito al di sotto della pelle.

A seconda delle necessità, la pompa dell’infusore può funzionare automaticamente o essere piuttosto sofisticata ed essere regolabile dall’esterno con uno speciale programmatore. In questo caso il medico può regolare la dose e il flusso del farmaco infuso per ottimizzarne gli effetti. Le pompe più sofisticate sono azionate da una batteria che dura 5-6 anni. Una volta esaurita si deve procedere alla sostituzione dell’infusore attraverso un intervento chirurgico in anestesia locale.

Il serbatoio ha una capienza di 20-40 ml. E’ raggiungibile con un sottile ago introdotto attraverso la pelle, attraverso cui si introduce il farmaco, una volta esaurito. Questa procedura si effettua in ambulatorio e si rende necessaria ogni 2-6 mesi, a seconda della dose di farmaco usata.

La terapia intratecale è impiegata principalmente per curare il dolore cronico e la spasticità, quando i farmaci impiegati per altra via o altre terapie (interventi chirurgici, terapie fisiche, riabilitazione) non producano i benefici desiderati o non siano indicate.

I casi di dolore cronico più frequentemente trattati con la terapia intratecale sono quelli secondari al cancro. Più raramente se ne possono giovare anche casi di dolore conseguente a lesioni del sistema nervoso o a forme ribelli di dolori da patologia della colonna vertebrale. Il farmaco impiegato è generalmente la morfina, più raramente altri farmaci antidolorifici.

I casi di spasticità sono in genere secondari a traumi vertebro-midollari o cranio-cerebrali, sclerosi multipla, paralisi cerebrale infantile, esiti di ictus cerebrale. Il farmaco impiegato è il Baclofene.

I risultati che si possono ottenere sia nel dolore cronico che nella spasticità sono piuttosto favorevoli. In genere solo il 10-20% dei casi non ottiene significativi giovamenti.

La complicazione più frequente è la cefalea che compare nei primi giorni dopo l’impianto, ma generalmente controllabile con farmaci e con il riposo a letto. Complicazioni più gravi sono rare: infezioni che obblighino alla rimozione del sistema di infusione (circa 5 % dei casi), il malfunzionamento del sistema stesso con necessità di revisione chirurgica (circa il 10% dei casi).

Le complicazioni più temibili sono quelle conseguenti al sovradosaggio del farmaco, in genere conseguenti a un’errata gestione dell’infusore, o al suo sottodosaggio, per lo più dovuto a un’ostruzione del catetere. Gli effetti più gravi (crisi epilettiche, coma) possono essere evitati se il paziente e i suoi famigliari sono adeguatamente informati e attenti a riconoscere i primi sintomi (aumento del dolore e della spasticità, nausea, prurito,…) e si rivolgono immediatamente al centro competente. Sono fondamentali, infine, una stretta collaborazione con il centro stesso per adeguare nel tempo la terapia e il rispetto da parte del paziente degli appuntamenti per i rifornimenti del farmaco, per evitarne l’inaspettato esaurimento.

Numerosi centri in Italia ofrrono la possibilità di usufruire della terapia intratecale sia per il dolore cronico che per la spasticità. I terapisti del dolore e i fisiatri ne sono al corrente e possono indicare ai loro pazienti quello più adatto cui rivolgersi.

a cura di Sergio Zeme e Massimo Natale

Stimolazione Periferica

La stimolazione elettrica del nervo periferico (PNS) è una metodica già nota dagli anni sessanta, iniziata negli Stati uniti d’America da chirurghi della mano e chirurghi plastici.

Recentemente, grazie all’interesse di alcuni impiantatori Europei ed all’uscita sul mercato di elettrostimolatori dedicati all PNS, la metodica ha ripreso interesse ed il numero di pazienti trattati in Italia ed in Europa è in costante aumento.

Con la PNS possono essere trattati dolori neuropatici localizzati per lo più alle estremità (mani e piedi) , dolori intercostali e da intrappolamento di nervo periferico in esiti di interventi chirurgici quali il tunnel carpale o l’ernioplastica inguinale.

Le tecniche di impianto possono essere a cielo aperto (con esposizione chirurgica del nervo ed impianto di un elettrodo a piattina sullo stesso) o percutanee, con ricerca del nervo sotto guida ecografica (metodica con molte limitazioni) o con ago da elettroneurostimolazione.

Piccoli generatori di impulsi possono essere connessi direttamente agli elettrodi impiantati su nervo senza necessità di estensioni o presidi intermedi.

I vantaggi di tale metodica possono essere i seguenti:

  1. Possibilità di trattare dolori di forte intensità localizzate in piccole aree , difficilmente raggiungibili con la stimolazione midollare (es. mani, piedi, torace, distretto faciale e nucale, inguine etc).
  2. Diretto e facile raggiungimento del target da stimolare con selettività e precisione
  3. Ripristino quasi immediato della funzione con frequente ritorno all’attività lavorativa (specie per i dolori localizzati alle estremità).

Lo sviluppo di device dedicati di dimensioni sempre minori, impiantabili addirittura a livello gangliare (già è in commercio un device per la stimolazione del ganglio sfenopalatino)  , di elettrodi in grado di stimolare integralmente nervi di grandi dimensioni come ad es. il nervo sciatico, e la raccolta di dati evidenziati da studi multicentrici prospettici ben condotti potranno contribuire all’ulteriore sviluppo della metodica.

Recenti studi sono inoltre in corso per valutare un possibile effetto positivo sulla velocità di rigenerazione del nervo sottoposto a PNS, legato all’incremento dei valori locali di fattore di rigenerazione del nervo stesso (NGF).

In conclusione riteniamo la PNS una metodica estremamente valida ed innovativa, anche in ausilio alla più sperimentata elettrostimolazione midollare, ed auspichiamo che molti impiantatori, dopo adeguata curva di apprendimento sotto la nostra egida, si avvicinino a questo trattamento.  

Claudio Reverberi MD , FIPP

Radiofrequenza

L’applicazione di un flusso di corrente attraverso il corpo umano determina due effetti, Un effetto termico e un effetto non termico prodotto dal campo elettrico che si determina con il flusso di corrente.

Sappiamo che l’intensità del campo elettrico è direttamente proporzionale alla tensione applicata.

Il controllo dell’intensità e della tensione di corrente ci permette di controllare l’effetto termico ed il campo elettrico.

Questo controllo avviene con l’utilizzo di apposite apparecchiature che si chiamano generatori di Radiofrequenza che garantiscono un controllo assoluto di questi parametri.

Questa capacità di modificare a domanda la temperatura e il campo elettrico permette al medico di utilizzare clinicamente questi 2 effetti.L’utilizzo di temperature elevate fruttando l’effetto termico controllato verrà utilizzato per promuovere una lesione controllata.

L’utilizzo dell’effetto non termico viene utilizzato per produrre una biomodulazione cellulare determinata dall’esposizione al campo elettrico della struttura trattata controllando la temperatura che non supererà i 43°/44°.

L’applicazione di questi effetti sui tessuti biologici e soprattutto sulla cellula nervosa determinerà una distruzione con l’utilizzo della temperatura superiore ai 45° e questa distruzione sarà direttamente proporzionale alla temperatura ed al tempo di esposizione alla temperatura.

L’utilizzo di questa metodica viene chiamata RFTC (radio frequenza termo coagulazione).

L’utilizzo dell’effetto non termico (controllando con apposita apparecchiatura che la temperatura non superi i 42°/43° con il passaggio continuo della corrente) ma delle sole modificazioni apportate dal passaggio della corrente a carico dei tessuti biologici e soprattutto sulla cellula nervosa determina modificazioni transitorie sulla membrana ed all’interno della cellula tali da modificare la risposta della cellula stessa a sollecitazioni esterne rendendola silente.
L’utilizzo di questa metodica che sfrutta l’effetto del campo elettrico viene chiamata PRF (radio frequenza pulsata).
Questi effetti vengono comunemente utilizzati nella pratica clinica e nella Terapia del Dolore per:

  1. Lesione di fibre nervose di strutture articolari
  2. Nella neuromodulazione delle strutture nervose quali i gangli dorsali delle radici vertebrali
  3. Nel trattamento di alcune cefalee
  4. Nel trattamento di dolore da lesione di nervi periferici
  5. Nella denervazione discale in caso di dolore discale
  6. Nella decompressione del disco intervertebrale

Queste metodiche in terapia del dolore vengono attuate oltre che con l’ausilio del generatore per Radio Frequenza, con l’utilizzo di appositi aghi e cateteri.

Dott. Giandomenico Babbolin


Stimolazione Cerebrale Profonda

La stimolazione cerebrale profonda o DBS (Deep Brain Stimulation) è un intervento neurochirurgico che  si pratica allo scopo di alleviare i sintomi di alcune malattie quali il morbo di Parkinson, il tremore essenziale e la distonia primaria. Dobbiamo precisare che questo intervento non cura la malattia, ma riduce notevolmente i sintomi quali possono essere nel  morbo di Parkinson il tremore, rigidità ipocinesia, che alterano la normale attività motoria del paziente impedendogli di mangiare, camminare, vestirsi normalmente. Attualmente  la procedura chirurgica viene utilizzata solo per i pazienti i cui sintomi non possono essere adeguatamente controllati con i farmaci, o a cui i  farmaci causano effetti collaterali gravi.

Tali interventi sono stati introdotti nella pratica clinica alla fine degli anni novanta ed oggi sono eseguiti anche per il dolore cronico non altrimenti curabile, la sindrome di Tourette e i disturbi ossessivi-compulsivi e in particolari casi di epilessia.

L’intervento consiste nell’impiantare con tecnica stereotassica, cioè con una tecnica che permette di arrivare con precisione millimetrica  in un punto del cervello con delle coordinate spaziali un apparecchio costituito da tre componenti: un elettrocatetere, una estensione ed un neuro stimolatore o neuro pacemaker.

L’Elettrocatetere è un sottile cavo che ha quattro elettrodi alla sua estremità ed è impiantato nella parte del cervello interessata detta dei nuclei basali attraverso un piccolo foro nel cranio; l’estensione è un cavo che collega l’elettrocatetere al neurostimolatore, decorre sotto la pelle e parte dalla testa capo, prosegue dietro l’orecchio e arriva  alla parte superiore del torace; il neurostimolatore  che è collegato all’estensione, è un dispositivo simile a un pacemaker cardiaco, che contiene una batteria che fornisce energia e da componenti elettronici che governano il suo funzionamento. Il neurostimolatore viene generalmente impiantato sotto la pelle del torace, al di sotto della clavicola e  produce gli impulsi elettrici necessari per la stimolazione. Poiché la sintomatologia del morbo di Parkinson, come la distonia, usualmente è bilaterale si usano due elettrodi e due estensioni che si collegano ad un solo neurostimolatore. I centri in cui è impiantato l’elettrocatetere sono di solito il nucleo subtalamico nel morbo di Parkinson, il nucleo ventrale intermedio nel tremore essenziale, il nucleo del globo pallido nelle distonie.

La stimolazione di questi nuclei blocca i segnali che provocano i sintomi motori disabilitanti delle malattie. Per personalizzare i benefici della terapia, è possibile regolare la stimolazione elettrica con dei segnali telemetrici al neuro stimolatore. L’intervento viene eseguito in anestesia locale di  modo che si possa controllare attraverso le risposte  motorie e sensitive date dal paziente i benefici ed evitare  gli effetti collaterali; la stimolazione di queste aree blocca i segnali che provocano i sintomi motori disabilitanti. La stimolazione, al contrario degli interveti neurolesivi praticati una volta, è reversibile perché può essere spenta e  rimossa senza eliminazione di tessuto nervoso cerebrale. Il  neurostimolatore di solito rimane sempre acceso e quando, dopo qualche anno di funzionamento, la batteria finisce si sostituisce il corpo del neuro stimolatore con una piccola incisione in day surgery.

Se la terapia viene interrotta, i sintomi possono ricomparire. Gli studi clinici hanno dimostrato un miglioramento dei punteggi motori nell’87% dei pazienti. I  rischi della terapia con DBS sono quelli correlati all’intervento chirurgico, gli effetti collaterali. I più importanti dei rischi chirurgici comprendono l’emorragia intracranica, l’infezione e le convulsioni. Gli effetti collaterali possono essere apatia, allucinazioni, gioco d’azzardo compulsivo, ipersessualità, disfunzione cognitiva e depressione, disartria e parestesie.

NEUROSTIMOLAZIONE DEL NERVO PERIFERICO

La neurostimolazione del nervo periferico è una tecnica terapeutica che utilizza la stimolazione elettrica per trattare il dolore cronico che deriva da una lesione o da un malfunzionamento di un nervo. A differenza della neurostimolazione del midollo spinale, che coinvolge la stimolazione diretta del midollo spinale, la neurostimolazione del nervo periferico si concentra sulla stimolazione dei nervi periferici situati al di fuori del midollo spinale.

Come funziona:

Nella neurostimolazione del nervo periferico, un dispositivo impiantabile viene posizionato vicino al nervo bersaglio. Questo dispositivo è composto da elettrodi che generano impulsi elettrici quando attivati. Questi impulsi elettrici possono interferire con i segnali di dolore inviati al cervello, riducendo così la percezione del dolore da parte del paziente. L’energia necessaria al funzionamento può essere generata da una microbatteria anch’essa impiantata sottocute o da un generatore totalmente esterno che la trasferisce via wireless.  

Applicazioni cliniche:

La neurostimolazione del nervo periferico è comunemente utilizzata per il trattamento del dolore cronico. Può essere impiegata per alleviare il dolore in diverse parti del corpo, sopratutto per dolore che deriva da lesione di uno o più nervi periferici dopo un trauma o dopo un intervento. Possono essere utilizzati ad esempio per trattare il dolore che consegue a lesioni dei nervi dell’avambraccio (mediano radiale ulnare), del torace (intercostali), dell’addome (ileo inguinale ed ileo ipogastrico), dolore residuo dopo protesi di ginocchio (nervi genicolati, safeno o infrapatellare) quando il dolore non risponde adeguatamente a terapie conservative o farmacologiche. La versatilità e le ridotte dimensioni di questi dispositivi li rendono applicabili a moltissime altre applicazioni.

Procedura:

La procedura di neurostimolazione del nervo periferico richiede un intervento chirurgico mininvasivo per impiantare l’elettrodo vicino ai nervi bersaglio. Solitamente le incisioni chirurgiche necessarie all’impianto sono estremamente ridotte (inferiori o prossime al centimetro). L’intervento viene svolto in day hospital, dura circa un’ora e si esegue in anestesia locale o con una blanda sedazione secondo le necessità del paziente e del chirurgo.

Vantaggi:

La neurostimolazione del nervo periferico offre diversi vantaggi. Uno dei principali vantaggi è la possibilità di trattare il dolore cronico senza la necessità di farmaci antidolorifici ad alto dosaggio. Inoltre, a differenza delle terapie farmacologiche, la neurostimolazione del nervo periferico può essere modulata e regolata dal paziente e dal medico, permettendo una maggiore personalizzazione del trattamento.

Limitazioni:

I dispositivi sono generalmente compatibili con l’esecuzione della risonanza magnetica e non determinano limitazioni dei movimenti o della deambulazione o altro.